L’ultima risata
Storie di comici nei lager nazisti
di Antonella Ottai
con
Franca D’Amato
Bruno Maccallini
Alvia Reale
e i musicisti
Pino Cangialosi piano, fisarmonica e grancassa
Elvin Dhimitri violino
Marco Paolucci, chitarra
coordinamento
Bruno Maccallini
Mercoledi 27 Gennaio 2016
Sala A Via Asiago 10 Roma ore 21.00
“L’ultima risata” nasce da una ricerca – i cui esiti complessivi sono pubblicati nel volume, Ridere rende liberi, appena uscito presso Quodlibet – sulle sorti di alcuni comici ai quali si deve negli anni trenta la grandezza leggendaria del cabaret e dello spettacolo leggero mitteleuropeo, in particolare di quello berlinese. In gran parte ebrei, come ebreo era il colore del loro umorismo, la sorte di questi artisti è segnata dall’avvento di Hitler al potere. Espulsi dai set e dai palcoscenici sui quali avevano primeggiato, le loro performance si replicano in condizioni sempre più dure. La ghettizzazione: nell’autunno del ’33 nasce a Berlino la lega della cultura ebraica dove, finché la Gestapo non ne serra i battenti, «l’arte verrà prodotta dagli ebrei solo per gli ebrei»; la deportazione: il campo di transito di Westerbork, in Olanda, o l’insediamento ebraico di Theresienstadt, in prossimità di Praga, ad esempio, ospitano fra le varie forme di attività artistica, celebri cabaret, animati dagli artisti tedeschi, olandesi o cechi che vi erano internati; lo sterminio, nel quale la maggior parte degli artisti finirà col concludere la propria esistenza.
Le vicende di questi personaggi non raccontano soltanto la storia di alcuni comici – comici di grande successo: la notorietà li accompagnerà fino alla fine – ma inducono, al di là delle specifiche occorrenze storiche, una riflessione sul comico nelle situazioni più estreme, quando le figure che lo mettono in essere, chi ride e ciò di cui si ride, corrispondono alle persone fisiche di aguzzini e vittime. Anche se, all’interno della relazione teatrale che eccezionalmente ne configura il rapporto, agiscono come spettatori e attori, ai quali è riservata “L’ultima risata”.
Il racconto scivola fra la narrazione in prima persona – la Berlino d’epoca rivissuta attraverso le memorie familiari; l’evocazione del repertorio storico – canzoni, ballate, sketch degli anni trenta; le testimonianze di carattere documentale e le riflessioni sul senso e sui paradossi della vicenda narrata.